mercoledì 7 luglio 2010

1 luglio - picnic a Koitash rock






La squadra di signore che ci porta in città è organizzata ed efficiente: shopping al bazar, al supermercato, poi al fast-food kirghiso, all’internet cafè (senza grandi risultati). Noi arranchiamo come anatroccoli timorosi di perdere il passo, ma tutto va benissimo e alla fine della mattinata abbiamo un quadro più chiaro della città. Bishkek è più interessante che bella, ma soprattutto è una città che sembra essere pacificata rispetto alla grave crisi che l’ha colpita nelle settimane scorse. Il referendum che ha riformato la costituzione si è svolto due giorni fa regolarmente e senza incidenti, e questa è la cosa più importante per far ripartire il paese.
Nel pomeriggio è Asia che ci porta fuori Bishkek in una escursione nella valle di Koitash, sui monti AlaTau. Saliamo nella macchina dei suoi amici, scassatissima, e nelle frequenti soste vicino al torrente, oltre ad ammirare il panorama rabbocchiamo il radiatore. Pascoli, cime innevate, yurte, cavalli bradi sono parte di un paesaggio quasi alpino. Sulla via del ritorno i gitanti kirghisi della domenica fanno il picnic, impossibile rifiutare un invito, che comprende anche l’assaggio del tè preparato con il samovar.
Domattina lasceremo Bishkek, che ritroveremo, se tutto va bene, solo il penultimo giorno di viaggio, il 26 luglio. Su questa città c’è una storia interessante raccontata da Tiziano Terzani nel suo bellissimo “Buonanotte signor Lenin”, uno dei libri guida di questo viaggio. Il vecchio nome della capitale era Frunze, datogli da Stalin ai tempi del soviet per ricordare un generale, Michail Frunze, che si era particolarmente distinto nella carriera militare e politica. Fu fatto eliminare da Stalin stesso quando la sua popolarità crebbe al punto da fargli ombra. L’eliminazione degli avversari politici da parte di Stalin era seguita poi dalla titolazione di vie o monumenti come “risarcimento” postumo, ma questo Frunze era così importante che si meritò una città. Nel 1991, nell’euforia seguita alla caduta dell’impero sovietico, il parlamento kirghiso, senza consultare la popolazione con referendum o altro, decise di chiamare la città Bishkek, che in turco antico significa “il bastone con cui si rimesta il latte di cavalla”, ma per alcuni anche “il bastone con cui la donna si consola in assenza del marito”, per cui le donne kirghise nei primi tempi pronunciavano il nuovo nome con imbarazzo.
A pensarci bene sarebbe come se da noi, dei leghisti arrabbiati con Roma ladrona decidessero di cambiarle il nome in “Vibratore”. Una cosa impensabile. Almeno credo, ma forse è meglio non dargli delle idee.

3 commenti:

  1. Ma buongiorno, cari i miei gitanti, buongiorno !
    Allora ha veramente ragione Werther o come cavolo si scrive, siamo ormai di fronte a due imbolsiti pantofolai che vivono di rendita sulla fama di imprese leggendarie, oggi in gita automobilistica tra verdi vallate con tanto di picnic e samovar, piacevolmente intenti in civettuole conversazione su vibratori con un gruppo di madame kirghise !!! E la canasta ? Perchè non fare anche un pinnacolo ? Ma vogliamo discorrere anche delle nostre mostre su Caravaggio, tra poco inizierà il Borgo Sonoro, abbiamo una grande afa e da noi i politici rubano tutti !
    Ragazzi, noi vogliamo vedere scorrere il sudore, magliette inzuppate, connotati stravolti dalla fatica, mezzi capretti sulla brace di pini dell'Himalaya, un Mortirolo al giorno ci aspettavamo, mica sta roba qua.
    Ormai siamo come la plebaglia al Colosseo, ci avevi abituato troppo bene, se fate così allora giriamo canale e ci guardiamo la De Filippi, no ?
    Dai, ragazzi, su, mollate le babbione che tanto lì non c'è niente di buono da prendere su, e via con i rapporti lunghi, pedalare in allegria e fate quello per il quale siete laggiù: gli italiani in gita.
    Un rude abbraccio !

    Remo

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  2. Le yurte sono le tende dei pastori nomadi.

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