lunedì 19 luglio 2010

15 luglio - ritorno a Issik





Ieri due disastri hanno cambiato completamente il nostro piano di viaggio. Di uno parlerò nel prossimo post, l’altro è la notizia che la frontiera di Karkara è chiusa per problemi di sicurezza in Kyrgyzstan e questo significa che non potremo chiudere l’anello a sud ritornando a Bishkek attraverso il Kyrgyzstan, ma soprattutto significa che ritorneremo ad Almaty sulla stessa strada su cui abbiamo pedalato all’andata. Questa volta però la percorriamo in taxi, anche per ragioni di urgenza.
Ritorniamo quindi sulla Via della Seta a rivedere, passando veloci, alcuni paesi e villaggi che all’andata ci avevano colpito molto per la varietà umana che li abita.
Issik è il prototipo di questi paesi: un posto che non ha niente di particolare, ma dove la presenza e la mescolanza delle etnie è straordinaria. Mongoli, cinesi, azeri, kirghisi, caucasici, ma anche facce balcaniche: greci, come la barista che non ha voluto essere pagata per la colazione e ci ha salutato con le lacrime agli occhi – chissà perché.
In questo affascinante minestrone umano spiccano i russi. Carnagione e occhi chiari, alti, biondi, sembrano del tutto fuori posto qui, circondati da tarchiati lottatori turco-mongoli o da minute cinesine. Si aggirano per i bazar con l’aria di turisti scandinavi dispersi, vittima di qualche tour-operator disonesto che li ha abbandonati. Ma naturalmente non sono qui per caso, sono i figli dei figli dei russi spediti qui ai tempi del soviet per spezzare la compattezza etnica di territori troppo lontani da Mosca per essere controllati adeguatamente.
In Kazakhstan però l’integrazione funziona e Issik, col suo pacifico mix etnico-cultural-religioso sembra l’ombelico del mondo, il centro di gravità permanente, una canzone di Battiato.

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