martedì 20 luglio 2010

Flashback – 14 luglio: finisce qui



















Oggi doveva essere il giorno del passaggio della frontiera col Kirgyzstan e partiamo molto presto per raggiungerla, ma a 500 metri dalla sbarra, quando già si intravedono le due casermette kirghisa e kazaka, un cane si piazza in mezzo alla strada, a difesa del gregge vicino e abbaia minaccioso. E’ grosso e non è disposto a muoversi da lì, le tecniche sperimentate finora non sembrano adeguate. Piero si ferma, raccoglie un paio di sassi e se li mette in tasca, io faccio altrettanto. Decidiamo di passare a piedi lentamente, aggirandolo a breve distanza. La cosa funziona e, fatta una trentina di metri, risaliamo sulle bici. Io metto le mani in tasca, tolgo quelli che credo due sassi e li getto di lato, ma il movimento mi sbilancia, il manubrio della bici gira su sé stesso e io volo in avanti, l’impatto è sulle braccia, mi rendo conto in una frazione di secondo di essermi rotto il polso, e che il mio viaggio è finito; dopo un ulteriore secondo penso anche che mi dispiace per Piero, che questo giro lo aveva progettato e si ritrova anche lui a chiuderlo dieci giorni prima.
Con il braccio penzoloni e il polso che si gonfia a vista d’occhio riprendo a pedalare fino alla sbarra; dalla casermetta escono un paio di soldati ai quali faccio vedere il braccio chiedendogli una stecca per bloccarlo, una fascia per tenerlo al collo: ”niet”, una telefonata per il soccorso: “niet”, non è un problema loro, sono militari. Poi uno dei due ridendo mi spiega a gesti cosa mi succederà: un bicchiere di vodka come anestesia e un pestone al polso per raddrizzarlo, ma sono sbruffonate da soldato, (almeno spero). Intanto io non mi reggo più in piedi, mi gira la testa e mi sdraio per terra, e questo diventa un problema anche per loro, non possono avere dei vagabondi che stazionano lì intorno. Dalla casermetta esce un tipo in borghese, probabilmente il loro capo, con una bella faccia da padre di famiglia, il primo volto umano che vedo. Mi chiede il passaporto, lo guarda attentamente e dice: “Diega?” (in russo la o si pronuncia a), “Sì, Diego”, lui scrolla la testa, mi guarda e fa: “Ah! Diega, Diega…dobrosno krakojev visnajo shutski Diega?”. Non ho capito una parola di quello che ha detto, ma il senso l’ho capito perfettamente: “Diego, Diego, ma come hai fatto a cacciarti in questo guaio?”. A quel punto a me parte una sgrigna che non riesco a fermare, un po’ perché è la prima volta che mi chiamano Diega, un po’ perché quello che dice in russo è esattamente quello che avrebbe detto anche mia mamma in italiano. Poi il comandante dà disposizione di chiamare l’ambulanza, la situazione si sblocca e a questo punto si tratta solo di aspettare.
Mentre sono lì sdraiato mi guardo in tasca e quello che tiro fuori è un sasso, - ma non li avevo buttati via i due sassi? -, poi capisco, nella stessa tasca tenevo anche l’osso portafortuna regalatomi da Zhanna, quindi quelli che ho buttato sono stati un sasso e il portafortuna. La prima cosa che è successa subito dopo è stata la caduta, buffo.
E’ vero che sono un po’ nei guai, in questa caserma di una frontiera chiusa, in una valle di alta montagna a 250 chilometri dalla prima vera città, circondato da gente non troppo amichevole. Tra un pò comincerà anche la lunga e penosa liturgia di attese, ospedali, visite, operazioni, scartoffie, e il rientro. Però ora io mi sento stranamente bene qui, sdraiato per terra, è una posizione che mi è sempre piaciuta, mi dà un gran senso di pace. E poi da qui vedo il cielo kazako e le facce stranite dei militari che mi guardano dall'alto, e penso che è un peccato non potergli fare una foto, sarebbe stata la più bella del viaggio.

8 commenti:

  1. Diega,
    mi dispiace enormemente dell'accaduto e della brutta caduta.
    Mi consola sentire, dopo la sfiga, il tuo incredibile "sense of humour".
    SOno queste le situazioni in cui si vede l'uomo.

    “Ah! Diega, Diega…dobrosno krakojev visnajo shutski Diega?”

    Tieni duro e se puoi torna a casa!
    Se il rimpatrio è difficile potremmo organizzare un intervento rapido ho già allertato la Dott.ssa Colomba.

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  2. Diego!!
    Ma cosa combini?? In effetti come commento ci sta.
    Da ieri mi chiedevo quale fosse il secondo disastro, ma direi che è peggio di quello che si potesse immaginare.
    E ora? Ti hanno portato in un ospedale vero di una città vera? e il polso come va?
    Il morale direi che va bene, visto l'umorismo con cui hai narrato il tutto. Il che dimostra ancora una volta che sei una persona speciale.
    Baci e dacci notizie.
    Anna

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  3. No problem Don Diego o Zorro.
    Abbiamo già organizzato un volo ambulanza con uno stupendo Tupolev.
    L'equipaggio è così formato:Pomme alla guida, Marco co-pilota.
    Io non me la sono sentita e ho preferito prendere un 238 (la copia della tua ambulanza) con uno dei miei autisti.
    A seconda di chi arriva prima decidi tu con chi tornare.
    A presto
    The Doctor

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  4. PS Più che Diego Cutugno sembri o Graziano Mesina o un rapito liberato ad Orgosolo.
    Ti aspettiamo
    The doctor

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  5. Dieghito , puttana eva , caz...zo , mi dispiace un casino .
    um abbraccio , ci si vede a forlì .

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  6. Ciao Diego.
    Sono appena rientrato dalle vacanze e purtroppo non ho potuto seguirti.
    Sono veramente dispiaciuto per l'incidente e immagino che oltre il dolore fisico, prevalga quello morale. Per quello che può servire ti mandiamo ( quelli della Baia del Re ) un abbraccio. Buon rientro.

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  7. Ah Diega Diega, Piera Piera ....
    E così è finita col botto, sempre meglio che finire a botte (è una bella cazzata ma mi è venuta così).
    Volevo dire che dobbiamo cercare di trovare comunque un lato positivo (ricordiamoci sempre del grande Avv. Messina) nelle cose che accadono, e che non sarà mica poter guardare il cielo del Kazakhstan disteso a terra in una fetida baracca di frontiera, in mezzo a dei soldati stronzi, con un braccio rotto, o no ?
    Ma se lo guardavi, il cielo del Kazakhstan, da una finestra, disteso a letto, con un fresco bicchiere di kumis sul comodino, una dolce Svetlana che te lo allungava (il bicchiere), le braccia libere di muoversi a mulinello, altro che il polipo Paul, mo non era meglio Diega Diega ?!!
    Diciamo che siete arrivati molto vicini al bello, distratti dal niente che serviva a riempire il tutto (ma forse non ho capito bene), dai cammelli bradi, dalle megere di Koitash Rock, confondendo sassi con ossi, e così via.
    Peccato, così anche noi ci siamo dovuti privare di tanti bei commenti di Werther o Verter o Werter o come cazzo si scrive, c'è un filo interrotto.
    E quindi adesso, per riannodare questo filo e calcificare meglio l'osso, facciamo una bella cena, ma no una cena, un festival del castrato, un trionfo della costoletta di maiale, tutti dalla Pasquina a Bartnora, tagliatelle e strozzapreti, grigliatona,patate e sanzves non si spendono 20 euro !
    Lasciamo stare, per questa volta, tutte quelle robine su letti di bardana candita, le quaglie sfilettate con glassa di avocado brulè, datemi retta almeno stavolta !
    Ed apro il concorso "io imbocco Diega" !
    Siete comunque dei grandi e grazie davvero di esistere e di averci dato l'occasione per scrivere un bel mucchio di cazzate !
    Ah Diega Diega, oh Piera Piera ....

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  8. Diego mi dispiace un sacco per l'accaduto. rottura del polso in quel posto fuori dal mondo e la conseguente interruzione di un viaggio fuori dal normale (un po' come i viaggi che fai tu). Mi avevi accennato al viaggio, ma era diverso tempo che non ti sentivo, e sono entrato nel tuo blog x mostrare ad un amico il tuo viaggio dell'anno scorso. e invece ho trovato questa brutta sorpresa.
    Tanti Auguri Diego spero che tu abbia potuto curare il polso più adeguatamente di una semplice stecca (o Bishkek si chiama cosi?).
    Ma ora che ci penso chissà quante fanciulle con quel "Bishkek" ti saltano addosso...attento all'altro polso piuttosto.
    Ma ora dovrai portar pazienza un po'.
    E complimenti per le tue cronache quotidiane che grazie alla tua dialettica, rendono gli eventi quasi reali.
    Ciao Walter

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