sabato 29 agosto 2009

29 agosto- E' Sud


Sono diventato abbastanza bravo con le cartine stradali, ora riesco a capire dalla conformazione del terreno e altri segni che tipo di strada può essere quella da affrontare il giorno dopo. Ieri sera ho puntato sulla route 17, che lambisce una zona di foreste, seguendo il corso del Savannah ed in effetti stamattina vedo le tabelle della “scenic road”.
Ci sono cose che cambiano rispetto alla zona delle montagne, intanto il clima umido e la vegetazione. Si cominciano a vedere le magnolie, che sostituiscono querce e faggi, ma a dispetto della stagione tutto l’ambiente intorno è verdissimo. Oggi ho pedalato per decine di chilometri in mezzo a foreste di pini, e la cosa mi ha un po’ sorpreso, pensavo di trovare un sud arido e desolato e invece è tutt’altro. Cambiano anche le facce che si vedono intorno; a nord di New York era molto raro vedere gente di colore, qui i neri sono la grande maggioranza, e anche il modo di parlare un pò si modifica, la parlata è strascicata e lenta, ritmata in modo particolare, a volte difficile da capire.
Pedalando ascolto spesso le radio locali, e quasi tutte trasmettono musica country, oltre agli onnipresenti sermoni dei radio-predicatori evangelici, mentre i dibattiti politici sulla riforma sanitaria che erano prevalenti nel nord qui mi sembrano assenti.
Quella che non cambia è la disponibilità delle persone. Stamattina ho incrociato una coppia di ciclisti della domenica, Eleanore e Alfred, che dopo le due chiacchiere di rito mi chiedono dove ho intenzione di fermarmi per la notte; abitano nel paese dove sono diretto, Statesboro, e mi propongono doccia, cena e pernotto a casa loro. Accetto e ricordo che Jonathan, ad Asheville, mi aveva parlato della grande tradizione di ospitalità del Sud. Ora so che non scherzava.

venerdì 28 agosto 2009

28 agosto - Augusta National Golf Club




Non mi hanno fatto entrare. Ho provato a dirgli che ho fatto 2.900 km in bici solo per essere lì,
"Only members are allowed"
che so tutti i nomi dei vincitori degli ultimi 10 anni (non è vero),
"That's the way it is"
che è il sogno della mia vita entrare,
"Sorry, that's the way it is".
Non c’è stato niente da fare, that's the way it is, queste sono le regole. Forse dirgli della bicicletta è stato un errore; se gli raccontavo che avevo forato con la Bentley, forse….
Ma in fondo non sono scontento che sia andata così, anzi, il fatto che mi abbiano tenuto fuori rafforza l’idea di serietà che mi ero fatto di questo posto. Groucho Marx diceva: “Non potrei mai essere socio di un circolo che accettasse un tipo come me”.
Direi quasi che il rifiuto di farmi entrare è un motivo di consolazione per tutti quelli che credono in qualcosa, è la dimostrazione che esiste ancora qualcosa di sacro. In un mondo di politici ridicoli, di giudici corrotti, di mestieranti c’è ancora un luogo dove non ci sono eccezioni, strizzatine d’occhio e accordi sottobanco, ma solo regole e fair play. Avremmo preferito che questo luogo fosse la politica, o la giustizia, o la scuola, invece è un campo dove si prende a bastonate una palla. Per il momento ci accontentiamo.
Detto questo, siccome nella vita ci vuole anche un pò di equilibrio, prima di ripartire io gli ho lasciato una pisciatina sulla cancellata chiusa dell'Augusta National Golf Club, Georgia.

26, 27 agosto - Georgia on my mind




Quando ho programmato il viaggio, definendo quei cinque o sei luoghi-culto da non mancare lungo il percorso, quello più a sud era (ed è) il campo da golf di Augusta, Georgia. L’Augusta National non è un campo da golf come gli altri, è IL campo da golf; qui si gioca da decenni il Masters, il torneo dei campioni, il suo circolo è considerato il più esclusivo del mondo e il suo campo forse il più bello.
Del circolo fanno parte ex presidenti degli Stati Uniti, magnati dell’industria e della finanza tipo Bill Gates e Warren Buffet e alti papaveri di vario tipo. Il percorso si snoda lungo quello che 80 anni fa era un vivaio, con alberi, piante e fiori di grande bellezza che caratterizzano in modo unico ognuna delle 18 buche. Bob Mathis mi ha detto a Washington che persino i soci del circolo non sono ammessi al campo per molti mesi all’anno, per i lavori di manutenzione necessari per mantenerlo a questo livello.
L'esclusività di Augusta è proverbiale, assistere al Masters è praticamente impossibile, ci sono biglietti prenotati da anni, forse da generazioni e ci sono storie di separazione tra coniugi dove il giudice ha il problema di valutare a chi assegnare i biglietti. L’anno prossimo però qui giocherà un ragazzo italiano di 16 anni, Matteo Manassero, la grande speranza bianca, considerato un fenomeno non solo a livello nazionale, che è stato invitato perché ha vinto tutto quello che c’era da vincere al suo livello.
Con queste premesse, io non ho molte possibilità di mettere il naso dentro, ma voglio provarci lo stesso, o con la storia del pellegrino-ciclista arrivato lì per vedere il Tempio, o sperando in un sorvegliante di origini italiane che chiuda un occhio. L’importante è che non mollino i cani appena mi vedono all’orizzonte.
Intanto la piega verso il sud, in Georgia, si avverte in termini di temperature, decisamente più alte che sugli Appalachi. Ho passato la notte in uno State Park, bello, con piazzola vista lago, ma l'umidità anche a mezzanotte era insopportabile.
Per la prima volta ieri ho avuto qualche problema a trovare una linea WiFi, con la biblioteca pubblica chiusa e i locali del centro che non erano collegati. Ho fatto un tentativo in un posto che in Italia sarebbe l’ultimo in cui cercare: il benzinaio. Risultato: due postazioni perfettamente funzionanti. Qui tutti i benzinai hanno il negozio annesso che, oltre a vendere le solite spazzole, cartine stradali e detergenti vari è anche un negozio di alimentari e molto altro. Qualche settimana fa, in crisi di astinenza da latte cercavo una confezione da mezzo litro, perché nei supermercati ovviamente ci sono quelle da uno o mezzo gallone. Ma il benzinaio ce l’aveva, insieme al cappuccino ghiacciato e al pane, migliore di quello degli alimentari.
Perché funziona così? Forse anche qui la cultura dell’automobile gioca un ruolo importante o forse è l’ossessione degli americani per il non perdere tempo e fare tutto in fretta. Anche gli sportelli bancari qui sono tutti come i drive through di MacDonald, non si entra in banca ma si va con l’auto ad uno sportello apposito e si fanno tutte le operazioni senza scendere, collegati con l’impiegato all’interno se serve, se no si dialoga con la macchina. Chissà se sarà questo anche il nostro futuro.

mercoledì 26 agosto 2009

25 agosto - Gli Appalachi




Ho fatto una piccola estensione montagnosa per restare un’ultima giornata vicino agli Appalachi. Ho pedalato per 15 giorni sul loro crinale, sul fondo valle a sud e su quello a nord e, come ad Asheville, mi sono fermato nelle loro città: sono stati dei compagni di viaggio importanti. Credo ci sia una parola per definire questi monti: dolcezza.
Non è solo una questione di clima; prima di arrivare qui molti mi avevano messo in guardia sulla difficoltà dei saliscendi e l’impossibilità di farli con il mio carrello. In realtà le salite e discese che si susseguono sono molto graduali, ”rolling” dicono qui, e perdonano una condizione fisica non perfetta o un peso eccessivo da portare. Le cime stesse sono quasi arrotondate, non raggiungono mai altezze importanti e la visione delle vallate spazia per decine di chilometri e contrasta molto con quella dei nostri appennini che offrono valli strette e orizzonti limitati. Sono coperti da magnifici boschi, in buona parte di aceri e querce, ma anche di pini e faggi, oggi purtroppo minacciati da due nemici: un insetto originario dell’estremo oriente, che sta distruggendo diverse specie (castagni e olmi da qualche decennio sono spariti) e il riscaldamento globale. Ho letto da qualche parte che un innalzamento della temperatura media di 4 o 5 gradi comporterebbe la sparizione dell’intera foresta.
Ma gli Appalachi sono stati anche un generoso rifugio per alternativi, marginali e malati, e terra di letterati: Thomas Wolfe, considerato il padre spirituale della beat generation, è nato e vissuto ad Asheville, come qui è stata ospite ed è morta Zelda Scott Fitzgerald. E sugli Appalachi si snoda il sentiero più lungo e famoso per gli hikers di tutto il mondo, che a sua volta alimenta storie e leggende. Gli manca la drammaticità delle grandi montagne, ma non se ne sente il bisogno: è un mondo a sé, pacificato e gentile.

martedì 25 agosto 2009

24 agosto - Ritorno ai monti




Ho lasciato Asheville. Forse meritava un giorno in più, la visita al centro storico è stata molto frettolosa, ma è un discorso già fatto, la strada mette il prurito addosso e si riparte. Stamattina Jonathan mi ha preparato un caffè per colazione, (ho visto tazze che voi umani non potreste nemmeno immaginare…) e poi mi ha filmato all’alba mentre partivo, spero con una leggera dissolvenza a chiudere.
L’idea che avevo era di puntare decisamente a sud, ma ieri sera ho visto sulla cartina che facendo un giro un po’ più largo verso ovest si riesce a raggiungere una strada chiamata “Cherokee Foothill Scenic Highway”, e io mi dico: si può lasciar perdere una strada che inizia con Cherokee e che promette già dal nome di essere scenic? Così ho deciso per questa digressione e ho ripreso a pedalare in montagna, tanto tra non molto parchi e montagne saranno finiti, la Georgia si avvicina. Già domattina passerò il confine entrando in South Carolina, che è l’ultimo stato prima di Georgia e Florida.
Quindi oggi strada di montagna, che porta ad un campeggio, l’Ash Grove, gestito da Steven e Mark, una coppia di gay che non fa molto per nasconderlo, gentili e ottimi gestori. Potendo ormai scrivere una guida Michelin sui bagni pubblici posso dire che il loro camping ha i bagni più eleganti e curati che io abbia mai visto: cinque stelle.
Steven e Mark lavoravano ad Atlanta, lui architetto di interni e lui manager nel settore spedizioni, poi sei anni fa hanno mollato tutto, comprato questo pezzo di bosco e iniziato un’attività completamente nuova. All’inizio qualche difficoltà, ma ora sono molto contenti.
Sono l’unico campeggiatore con tenda e condivido il camping con una coppia che ha affittato una capanna in legno. Pensando che la stagione sia finita gli chiedo come mai sono ancora aperti. Mi dicono che in realtà l’alta stagione qui è in ottobre, quando i boschi cambiano colore e i benestanti che svernano in Florida, arrivano qui per vedere questo spettacolo, che loro mi dicono imperdibile, del bosco che assume tutte le tonalità del rosso. Tra l’altro, sempre le stesse persone si stanno accorgendo che il clima della Florida, pur caldo, è molto umido e pesante e c’è un ritorno a soggiornare qui per tutta l’estate, per il buon clima dovuto all’altitudine. La contea si chiama Transylvania, speriamo bene.

lunedì 24 agosto 2009

23 agosto - Asheville








Comincio a conoscerlo un po’ meglio Jonathan. Intanto stamattina abbiamo girato l’intervista, sempre al campeggio, perché questa è la sua base. Andrà in onda domenica prossima alle 17.00 sul canale UR.TV, che trasmette via cavo, ma ha anche lo streaming internet, per cui è possibile vederla sul sito http://www.urtv.org/, cercando il programma “Jonathan Journey”. Se qualcuno ce la fa, per favore la scarichi.
Jonathan è qui al campeggio per un accordo che ha con il proprietario, per il quale ha girato uno spot, così non paga per il soggiorno. Anche buona parte degli alimentari e altri servizi gli arrivano con questi cambi commerciali fatti con gli sponsor del programma. L’auto che guida è una vecchissima Ford, i due sedili dietro sono occupati da un computer, (non portatile), alimentatori, tastiere, biancheria sporca, lampade alogene, scarti di cibo, scontrini vecchi e la cinepresa, ed è la cosa più simile ad una discarica che io abbia mai visto. L’interno della sua tenda non me l’ha fatto vedere perché ha detto che era un pò in disordine. Alla fine però, anche senza fargli la domanda diretta, ho capito che quella macchina e quella tenda sono la sua casa.
Sfruttando questo sistema del cambio commerciale, abbiamo “comprato” da mangiare in un negozio equo e solidale (solidale soprattutto con noi) e abbiamo ottenuto con lo stesso sistema due biglietti per il tour della città con il bus e la guida (Jonathan intanto girava del materiale o fingeva molto bene di farlo). Mi ha spiegato che la tradizione “hippie” di questa città data dagli anni ’60, quando una legislazione molto più tollerante che in altre parti d’America attirò qui giovani coppie che volevano abortire. Allora tutta l’area era poco sviluppata, non costosa, aveva un buon clima dovuto all’altura (750 m.) e questo attirò in particolare i giovani e gli alternativi. Tutto sommato una storia simile a quella del Vermont, e non a caso c’è qualcosa di Burlington in questa città.
L’altra caratteristica di Asheville è che da 130 anni è il quartier generale dei Vanderbilt, una delle grandi famiglie d’America, i Gates degli anni ‘30. Il figlio del capostipite fece costruire qui ad Asheville quella che è considerata la casa privata più grande del mondo, la Biltmore House, 250 stanze, che dal cancello di entrata al palazzo richiede 25 minuti di pedalata di buon passo. Oggi pomeriggio sono andato a vederla ed è una vera meraviglia: una reggia europea, ma adattata alle modernità che agli inizi del secolo scorso già venivano avanti. E quindi: piscina, sala da bowling, palestra con attrezzi per il fitness, spogliatoi per gli ospiti, scuderia, cantina per produrre il vino, biblioteche, sala da musica, con arredi, quadri arazzi di grande gusto, prima che di grande valore.
Ho ripensato alla “casa” di Jonathan; è curioso scoprire nello stesso posto e nello stesso momento due situazioni così lontane tra di loro e così inconciliabili.

22 agosto - Jonathan




La tappa è stata dura, 94 km, con una deviazione per evitare il solito tratto di poche miglia in cui la statale non si sa perché sfocia nella intestate, a me proibita. Per fortuna lungo la strada incrocio un gruppetto di cicloturisti locali, tra cui una biondina con qualità ciclistiche notevoli, che mi consiglia di prendere una forestale che aggira l’ostacolo attraverso uno splendido percorso di montagna. Da lì in avanti arrivare ad Asheville è stato solo un problema di resistenza al caldo e alla fatica.
Appena messo piede nel campeggio, ho capito subito che l’aria monacale dei motel era finita: mi si avvicina un tizio, barba bianca e aspetto strambo, che mi dà il benvenuto e mi invita a campeggiare accanto alla sua tenda, si chiama Jonathan.
Jonathan è operatore TV, è qui al camping da un paio di mesi perché sta girando degli spot per alcuni locali e attività commerciali varie dei dintorni, ma soprattutto ha un programma settimanale che produce per una TV locale, chiamato “I viaggi di Jonathan”, (ma non c’era anche in Italia?), nel quale intervista viaggiatori, esplora esperienze di vita particolari e non so che altro. Mi racconta tutto questo e vedendo il mio assetto e ascoltando la mia storia decide che io sarò il protagonista della prossima puntata del suo show, dice che mi ha mandato la Provvidenza. Domani mattina mi intervisterà, nel frattempo mi invita a cena qui al campeggio e cominciamo a raccontarci un po’ di vita. Ha 62 anni, sposato e divorziato 3 volte, 10 figli di cui ha perso i contatti (tranne uno). Una vita spericolata, hippie negli anni ’60, autostoppista in giro per l’Europa, poi diventa Amish, vita stretta di comunità, ma lui vuole sposare un’altra donna e quindi è costretto a lasciarli. Inizia a insegnare, ma poi abbandona per fare l’operatore TV. Ora non ha una donna, dice che il suo problema è che non gli piacciono anziane (cioè come lui), né grasse, il che fa pensare che non sia poi così strambo, però limita un pò le scelte.
Siccome questa Asheville è una città che ha una forte connotazione libertaria, di tolleranza e alternativa, il fatto di vivere questi due giorni con un tipo così rappresentativo mi sembra un colpo di fortuna incredibile. Abbiamo cenato intorno al fuoco e lui ha cucinato costolette di maiale arrosto (so di darti una gioia, Ric), poi ha cantato canzoni dei Beatles, di Janis Joplin e Bob Dylan. Sembrava una parodia dell’hippie nostalgico e invece era tutto vero.

20, 21 agosto - Verso Asheville





Procedo sempre lungo le vallate che si susseguono in direzione sud ovest. Una settimana fa Front Royal era stata la porta di ingresso degli Appalachi, Asheville è l’uscita, quando l’avrò raggiunta la mia direzione diventerà decisamente sud, anzi sud-sud est, perché devo riguadagnare la costa, che ho lasciato quasi un mese fa a bordo del camioncino del bike angel Mike.
Le strade seguono la stessa direttrice, ma a volte si trasformano, pur mantenendo lo stesso nome, o meglio numero: ieri una 268, trafficata, senza corsia laterale e con i camion che mi sfiorano a 100 all’ora, oggi all’improvviso è diventata una splendida strada alpina, contrassegnata dalla tabella “scenic road” e del tutto priva di traffico, chissà perché. Queste caratteristiche mi hanno convinto a lanciarmi in discesa per vedere i limiti di velocità del mezzo. Non l’avessi mai fatto, si è ripetuto l’effetto locomotiva, ma questa volta la velocità era superiore e la bici è diventata completamente incontrollabile, il manubrio ha cominciato a tremare all’impazzata e io ho cominciato ad urlare un “NOOOOOOOOOOOOOO” senza fine, ero sicuro di volare fuori e intravedevo in fondo alla discesa anche un incrocio. Ma la bici, pur senza controllo, è rimasta non so come in strada e sono riuscito a fermarla prima dell’incrocio. Ho scoperto così qual’é la velocità massima realizzabile col carrello prima di ammazzarsi: 56 km/h, ma la paura è stata tanta.
Negli ultimi sette giorni sono sempre andato in motel, ne ho provati di tutti i tipi e ora so dire con precisione il prezzo per una notte alla prima occhiata. Ieri sono andato nel più economico di tutto il viaggio: 35 $. Non è che manchi niente rispetto ai posti più costosi, ma nei posti da quattro soldi, pur avendo biancheria pulita, doccia funzionante e tv, che è quello che serve, si ha a che fare con camere dove nessuno pianta un chiodo da vent’anni e con moquette alte due dita che hanno l’odore dei vent’anni di ospiti precedenti. Il motel di ieri però era a trecento metri da un grande stabilimento di macellazione e cottura di polli e l’odore era quello, l’ho riconosciuto subito. C’era un’aria da Pollo del Campo e da Mangimi Valmori in tutta la zona e mi sono sentito quasi a casa.
La differenza fondamentale tra motel e camping è che nei motel nessuno ti considera, i frequentatori sono lì per lavoro, si infilano nella loro stanzetta e quindi non si fanno conoscenze. Peraltro, la comodità dei motel è notevole e anche il rapporto qualità-prezzo è eccellente (spesso costano meno del camping). Nel campeggio invece c’è sempre qualche perditempo che ti viene intorno, domanda, ti offre da bere e le occasioni di fare conoscenza si moltiplicano. Non è un caso che da una settimana non abbia fatto nessun incontro, ma domani sera sarò ad Asheville e lì, anche per questa ragione, ho deciso per il campeggio.

giovedì 20 agosto 2009

19 agosto - Aiutini





Oggi ho fatto uno scarto rispetto alla fondo valle su cui sono da tre giorni, sono andato contro crinale e ho attraversato la famosa Blueridge Parkway, per portarmi sul fondo valle a sud, da quello nord dove mi trovavo. Era necessario perché tra pochi giorni prenderò decisamente la direzione sud, verso North Carolina, Georgia e Florida: il finale si comincia a intravedere.
Questo tipo di deviazioni si paga sempre in termini di sforzo perché significa andare a sbattere su tutti i sottocrinali e quindi fare costanti saliscendi, ma la strada e il paesaggio qui sono di tipo alpino e quindi molto piacevoli da pedalare.
Oggi poi ho avuto due suggerimenti interessanti, due aiutini come si dice in TV. Il primo da un cliente del negozio di alimentari dove mi stavo rifornendo, che mi ha suggerito di guardare i cartelli con il simbolo della bicicletta e il numero 76. Si riferiscono ad una famosa iniziativa, la BikeCentennials, fatta nel 1976 nell’ambito delle celebrazioni del bicentenario della fondazione degli Usa. In quella occasione una serie di associazioni di ciclisti tabellarono e poi percorsero da est ad ovest tutta l’America usando strade di campagna, non pericolose e panoramiche. Già oggi la cosa mi è servita per superare un punto in cui si riproponeva la solita highway.
Sul percorso poi mi sono fermato ad un negozio di bici per farmi cambiare la copertura del manubrio, che avevo distrutto. Chiacchierata con il meccanico, che mi racconta di essere stato un grande fan di Chiappucci, pensa te, io nemmeno me lo ricordavo più il Diablo. Poi mi dice di fermarmi assolutamente ad Ashville, che in effetti fra tre giorni avrei attraversato. Mi dice che è una città dall’atmosfera molto rilassata, con vecchi hippies, musica popolare e folklore vario; l’esperienza di questo mese e mezzo mi ha insegnato a raccogliere al volo le indicazioni che vengono dalla strada, sono le migliori. Così oggi ho lanciato una richiesta per vedere se qualcuno mi può ospitare in questa Ashville. E’ una settimana che pedalo e una piccola sosta sarebbe perfetta.

mercoledì 19 agosto 2009

18 agosto - La casa





Il momento divertente della giornata è quando la sera tiro fuori cartine, mappe, informazioni raccattate per strada, e pianifico il giorno successivo. Ma ieri sera ho solo tracciato un vago itinerario, non so esattamente dove mi fermerò, ho solo verificato l’esistenza di motel in zona per non rischiare troppo, (in quest’area non ci sono camping). Stamattina quindi parto sapendo che arriverò a destinazione quando sarà arrivata la stanchezza, ed è una sensazione impagabile. A molti non piace questo senso di incertezza, e posso capirli, ma per me è la cosa che dà un significato al viaggio.
Anche il fatto di partire avendo tutto quello che serve sulla bici, mi dà un senso di casa che la casa stessa non mi dà. Capisco che è un pò strano, ma se dovesse andare tutto male io sarei già avanti nella preparazione.
Dopo 37 giorni di viaggio e dopo aver percorso mezza America, solo ieri ho incontrato il primo ciclista serio, cioè di lunga distanza, da non credere. E’ un ragazzo molto giovane, partito quattro giorni fa dal North Carolina, qui vicino, con destinazione l’Oregon. E’ un viaggio pazzesco, la traversata est-ovest fatta quasi in diagonale, significa 4.000 o 5.000 km, ma ieri era già fermo per problemi meccanici.
Alla fine, oggi tappa tranquilla di fondo valle come ieri, ma con la strada che ha tirato fuori dei saliscendi molto sgarbati nel finale, per cui sono arrivato un pò stanco. La direzione è sempre sud-ovest, alla fine degli Appalachi, la statale è sempre la 11, ma oggi meno verde e pittoresca e più industrial-commerciale. Stavo per nominarla strada del mese, ma a questo punto voglio vedere come si comporta domani.

martedì 18 agosto 2009

17 agosto - Robertone





Qualche giorno fa lungo la Skyline Drive, all’ultimo camping in cui mi fermo, incontro un campeggiatore solitario, peraltro attrezzato con un Chrysler Silverado da 6.600 cc che trascina una roulotte 5 posti. E’ Bob Senesi, americano di origine italiana, che ha una gran voglia di chiacchierare e mi invita a cena nella sua verandona. Il menu è interessante: bistecche di manzo alla griglia e pasta fredda all’italiana: fusilli con verdure. I fusilli glieli ha preparati la moglie, che è irlandese, ma lui gli ha fatto imparare la nostra cucina e la signora l’ha fatto benissimo.
Bob è orgoglioso delle sue origini, il nonno arrivò qui negli anni ’20 e non imparò mai l’inglese, il padre faceva il fruttivendolo a Brooklyn, ma era ancora mezzo e mezzo, Bob è un italo-americano di terza generazione e quindi un americano a tutti gli effetti, ma ha un ricordo molto forte del padre e del nonno, soprattutto nelle espressioni che usavano e che mi ripete, tra cui un “minghia!”, che gli consiglio di usare con moderazione. Ma lui vorrebbe saperne di più, imparare a parlarlo.
E’ stato in Italia un paio di volte portando i suoi parenti a Terracina, il luogo da cui la famiglia proviene, qui ha incontrato dei radioamatori italiani con cui era in contatto via radio dagli USA e sono loro che l’hanno soprannominato Robertone, per le dimensioni, e lui ne è molto fiero. Mi chiede di chiamarlo così e capisco che questa cosa della discendenza per lui è molto importante, sa cosa significa ”senese” e quindi sa di essere un toscano di origine, probabilmente – mi dice – un etrusco. Il suo sogno è venire in Italia, non come turista, ma per studiare la lingua e lavorare per qualche progetto.
La radio trasmittente è la sua grande passione, mi ricordo che una volta questa cosa si chiamava “baracchino” e pensavo che internet l’avesse spazzata via, invece esiste ancora: lui è in contatto con gente di tutto il mondo e cerca di imparare qualche espressione di ogni lingua. In macchina ha una attrezzatura impressionante: 4 antenne, 2 apparecchi, un trasmettitore morse, che usa anche quando guida. Ma anche nella roulotte ci sono apparecchiature di ogni tipo: segnalatori di fughe di gas, amperometri, tester, riscaldatori elettrici di toast e lui, nonostante la mole, si muove intorno a loro con grande agilità e competenza. Probabilmente gli viene dalla sua esperienza di lavoro, esperto di telecomunicazioni per Xerox e Oracle, penso sia stato un uomo di successo, ora è un pensionato che non riesce a stare fermo.
Educazione cattolica, poi anni di indu e hare krishna e ora ha incontrato Gesù, ti pareva..., ed è un battista. Ma ha posizioni più moderate di Don Dan, anche se la parte politica è quella: mi chiede la mia e gli dico che qui io sarei un liberal, “non sei male per essere un liberal” mi dice.
La mattina dopo mi invita a colazione e mi dà uno strappo fino ad un punto in alto dove i cellulari funzionano. Mi dice di chiamarlo se qualsiasi cosa andasse male, lui non ha niente da fare e può intervenire immediatamente con il gippone. Mi fa le uniche foto al momento esistenti mentre pedalo, e questo è un grande merito.
Oggi ha mandato una mail: ha girato le foto ai suoi familiari e tutti stanno pregando per me e il mio viaggio, e lui è sempre pronto a intervenire con il Silverado.