venerdì 31 luglio 2009

30 luglio - Ripartenza

Che dispiacere lasciare i Simon. Sembrano una coppia di fidanzatini, anche se sono sposati da 22 anni. Ieri hanno invitato a cena una loro amica, Ann e il marito, anche loro appartenenti a Servas, e che hanno costantemente a casa viaggiatori da tutto il mondo. Questa Ann l'hanno invitata un pò in mio "onore" perchè nel 1982 fece una cosa semplicemente pazzesca. A 22 anni, da sola e senza una lira in tasca, ma anzi con l'idea di raccoglierne per una associazione non profit, partì per un viaggio in Asia di un anno e mezzo in bicicletta, percorrendo 30.000 miglia. Pakistan, Afganistan, India, Bangladesh, Tibet, Nepal, la Karakorum Highway, il Khyber Pass. Ha percorso tutte quelle che oggi sono considerate le strade più difficili, pericolose e belle del modo per un ciclista. Ma oggi la tecnologia è ben diversa, le bici sono migliori e la stessa idea di fare un viaggio raccogliendo fondi oggi è quasi normale, ma 22 anni fa? Un vero genio. Oggi usa la bici per andare a lavorare, è avvocato difensore pubblico, in pratica difende criminali che non hanno la possibilità di pagarsi un avvocato. Judith mi dice che se fosse una professionista guadagnerebbe 5 volte di più, ma a lei non interessa. Così può lavorare di meno, ha più ferie e segue altre cose che le interessano. Gabor mi racconta un episodio divertente su di lei. Ogni anno in America c'è il "Childrens day", che è una iniziativa del tipo "portate i bambini in ufficio e fategli vedere cosa fa il babbo (o la mamma)". Lei si portò in studio la bambina di 12 anni e per spiegarle il suo lavoro e la fece familiarizzare con i suoi clienti: un portoricano accusato di omicio, un vecchio pedofilo e non ricordo bene che altro criminale.
Per sdebitarmi ho cucinato per loro penne alla carbonara, facendo intendere che è una delle tante cose che potrei scodellargli davanti. In realtà è l'unico piatto che so fare, anzi, un mese fa non sapevo fare neanche quello, l'ho imparato apposta come preparazione al viaggio, per evenienze di questo tipo. Comunque ho fatto un figurone.
E' un dispiacere lasciare anche New York, oltre che i Simon, ma il senso di questo viaggio non è approfondire, è vedere, toccare, ripartire, senza la pretesa di capire, ma con l'idea di trattenere qualche impressione o qualche emozione. Il mondo è troppo difficile da capire, e anch'io, come Dennis & Gary sono una persona semplice.

giovedì 30 luglio 2009

29 luglio - New York, New York...























Da casa Simon, arrivare a New York è un piacere più che una fatica. Vado a piedi fino alla stazioncina di Maplewood, che se avesse anche il telegrafo sembrerebbe uscita da un film western, e faccio gruppo con gli altri pendolari della mattinata: caffè caldo, scones ai mirtilli, tutti a messaggiare sui blackberry, a lavorare sui PC o a leggere il giornale.
Se penso a cosa significa per un lavoratore padano arrivare in treno a Milano, che quando sei a Rogoredo già l’angoscia ti ha dilaniato, beh qui l’arrivo a New York è proprio un’altra cosa. Arrivi da una linea sotterranea che è tutt’uno con una stazione della metropolitana, quando esci fuori lo fai percorrendo una scalinata che ovviamente sale dall’oscurità, e i grattacieli e la luce ti si aprono all’improvviso: pelle d’oca. La prima cosa che vedi è il Madison Square Garden.
A New York ho visto le cose che si possono vedere in due giorni: Ellis Island, con il bellissimo museo sull’immigrazione in America, la statua della Libertà, Ground zero, il Rockefeller Center, il Radio City Music Hall, il quartiere di Soho.
New York è ballerini di strada, manager in gessato, ragazze stupende, ciccioni debordanti, rabbini, anziani in monopattino, travestiti. Ma il miracolo è che ognuno ha il proprio spazio e tutti sembrano indispensabili.
New York è il bar di Guerre Stellari.
New York è, semplicemente, il mondo al suo meglio.

28 luglio - Casa Simon




Nei tre giorni di sosta a New York sono ospite di una famiglia contattata attraverso Servas. Sono una coppia di 45enni, Gabor e Judith, con due figli, che al momento sono fuori in vacanza. Sono abituati ad ospitare gente da tutto il mondo ed hanno un approccio molto easy: mettiti dove vuoi, esci quando vuoi, se hai fame serviti, ecc. Vogliono solo condividere delle esperienze di vita e di viaggio con altri. Hanno una storia alle spalle: sono nati e vissuti in Ungheria fino al 1989, quando hanno deciso di scappare, tre settimane prima della caduta del muro. Il tempismo non è la qualità migliore della famiglia, ma ne hanno altre. Abitano in un sobborgo di Newark, Millburn, una splendida zona di villini nel verde, la porta di casa non è mai chiusa a chiave, e così immagino per quelle dei vicini, la casa non ha la TV, ma pile di libri e dischi. Ecco un altro posto dove si potrebbe vivere.
Lui è un anestesista, lei una oftalmologa e tutti e due sono molto impegnati col lavoro, così ci vediamo per cena. Entrambi lavorano per cliniche private, (qui il pubblico nella sanità non esiste). Judith lavora anche come volontaria in una struttura non profit che opera per chi non ha l’assistenza sanitaria. E’ un istituto finanziato da donatori privati e i due più importanti sono Bon Jovi e Bruce Springsteen. Il sogno di Judith è di andare a lavorare in Africa, mi dice che il rapporto tra oftalmologi e popolazione è di 1: 5.000 a New York e di 1:800.000 in Ghana. Questo fa sì che molto del suo lavoro sia fatto di interventi di routine e a volte anche non necessari, perché tutto il sistema spinge in questa direzione.
Il tema dell’assistenza sanitaria è al centro del dibattito politico negli USA. Ci sono 45 milioni di persone senza assistenza sanitaria e Obama si gioca molto del suo futuro politico sulla capacità di riformare il sistema, che assomiglia sempre più a quello di un paese del terzo mondo. Per di più, dato che tutte le persone “garantite” dal punto di vista sanitario lo sono in virtù di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, la crisi in atto sta aggravando ogni giorno la situazione, perché sempre più gente quei contratti di lavoro li sta perdendo.
La gente con cui ho parlato ha una grande fiducia in Obama come persona, “se c’è uno che ce la può fare è lui”, ma molti sono scettici sul risultato perché le lobby dell’industria farmaceutica e ospedaliera hanno un interesse fortissimo a mantenere lo status quo e controllano molti congressisti attraverso il meccanismo del finanziamento ai partiti, e quindi sono in grado di bloccare il cambiamento. Qualcuno mi ha detto che se non si spezza il legame finanziamenti-politica non ci sarà nessuna riforma vera.

martedì 28 luglio 2009

27 luglio - Dennis & Gary


Oggi è l’ultimo giorno di pedalata prima di New York. Decido di abbandonare la cartina di Adventure Cycling perché il ranger del camping mi dà delle eccellenti indicazioni, e mappe, su come arrivare nei sobborghi della città sfruttando stradine lungo fiume e zone verdi, e così va.
Facendo un bilancio “ciclistico” di queste due settimane, sono sbalordito dal fatto che sia stato possibile pedalare per 1.000 chilometri solo attraverso zone verdi, pulite, splendide paesaggisticamente e senza sostanziali disturbi di traffico (Montreal a parte) e incontrando sempre gente amichevole e disposta ad aiutare. Anche questi ultimi giorni nella zona del fiume Delaware, pur già abbastanza prossimi a New York, sono stati molto diversi da quello che mi aspettavo dai sobborghi di una metropoli e voglio ricordare alcune piccole città, come Frenchtown, Lambertville, Hopewell, dove negozi curati, locali all’aperto, piccoli alberghi e B & B, fanno pensare ad una tradizione di ospitalità antica, e all’atmosfera che si respirava a Burlington, nel Vermont. Sarebbe stato bello fermarsi anche qui.
L’ultimo incontro fatto prima della grande mela è con una coppia di pensionati, ai tavoli di una pasticceria lungofiume a Frenchtown. Si chiamano Dennis e Gary. Dennis è quello con la parlantina sciolta e l’aspetto sobrio: sahariana e cappello da esploratore. Gary è misurato nel parlare, ma è coperto d’oro come un re magio: bracciale, collana, anelli. Vivono nelle loro case in questa zona per 4 mesi all’anno, gli altri 8 mesi li passano nella casa di Waikiki, Hawai. Quando Dennis capisce che sono italiano mi chiede di Murano, perché sta ristrutturando casa e l’architetto gli ha detto che per la cucina la cosa più bella sono le lampade di Murano, (per la cucina?), ma lui non sa se Murano è un marchio, una fabbrica, una città o che altro, e allora gli spiego la storia dell’isola con i soffiatori di vetro. Esaltato, corre in macchina a prendere il catalogo con l‘articolo che ha ordinato (col quale si fa fotografare) e mi mostra delle orribili lampade con un motivo-pavone che escludo abbiano qualcosa che fare con l’artigianato italiano. Gli dico che sono uniche. Mi dice che gli piacerebbe passare due o tre mesi a Venezia, la sua famiglia conosce bene i Cipriani, dell’Harry’s Bar, e sa che c’è un bell’albergo a Venezia …il Danielghi, Danielji o qualcosa del genere. Poi mi dice che la figlia era amica della famiglia Sinatra e racconta un paio di episodi sul grande Frank e Ava Gardner. Bello, questo gossip internazionale.
Gary era un dirigente della Gulf Oil, Dennis un componente della Corte dei Conti americana. Gli faccio questa foto e gli propongo di mandargliela via internet. Ma loro: “No, non ce l’abbiamo il computer, è una cosa troppo complicata, noi siamo gente semplice”.

lunedì 27 luglio 2009

26 luglio - Statistiche






Oggi sono alla seconda settimana di viaggio compiuta, si può fare qualche conto. Ho fatto:
10 gg. in campeggio, costo medio 24$.
2 gg. in motel, costo medio 69$.
2 gg. in hotel, costo medio 119$.
Le colazioni e i pranzi, fatti per strada nei diners o chioschi, costano circa 7/8$. Comprando direttamente gli alimentari nei negozi il costo è analogo.
Le cene variano a seconda del posto e del livello del locale, in genere sono in linea con i prezzi italiani, forse qualcosa in meno.
Ho fatto 13 giorni di pedalata e 1 di riposo, con 974 km percorsi e una media di 75 km/giorno.
Questa media è cresciuta sensibilmente dai 68 Km/gg della prima settimana agli 85 Km/gg della seconda. La mia frequenza cardiaca media è andata dai 133-137 della prima settimana ai 125-128 della seconda. Anche la velocità media giornaliera si è alzata di quasi 2 Km/h tra le due settimane. Tutti gli indicatori sono coerenti e dicono che la macchina - fisico si è messa in moto correttamente.
Il fatto di pedalare secondo determinati ritmi, faticare con la tenda, mangiare cose semplici ha anche un effetto miracoloso sul fisico, o almeno sul mio. Pedalando nella zona aerobica, che per me è un intervallo intorno ai 125 b. di frequenza cardiaca, il grasso si scioglie, l'acido lattico non intacca i muscoli, e quindi non arrivo stanco a sera, e il limitato sforzo anaerobico che comunque è richiesto, ad esempio per superare una salita, tonifica i muscoli senza deformarli. Il risultato di tutto questo è che dopo 10 giorni di questa vita il mio fisico si trasforma in quello di un nuotatatore australiano. E' strano solo che qui la cosa non venga notata da nessuna.
Peraltro, le donne stesse non conoscono questi meccanismi, altrimenti ne vedremmo molte di più in giro per il mondo in bicicletta, e molte di meno nei centri estetici/termali a fare bagni di fieno, fango e altre sostanze anche meno nobili. Ma purtroppo, nessuno glielo dice.
Oggi in realtà un gruppo di ragazze mi ha notato, vendevano lavaggi-auto in calzoncini corti. Passando, mi hanno detto che andava bene anche la bici.

domenica 26 luglio 2009

25 luglio - Delaware River









Ieri sera primi problemi con il pernottamento, devo ricordarmi che è il week end ed è l’ultima settimana di luglio. Sono arrivato al camping programmato molto stanco ma non mi hanno fatto entrare perché “completo”. Visto da fuori c’erano ancora piazzole libere e lo spazio tra l’una e l’altra era di 30 o 40 metri, in un campeggio italiano avrebbero infilato ancora 300 persone, ma lì per una canadese di 2 metri non c’era spazio. Ho trovato un albergo nel paese successivo (ma anche qui ultimo posto disponibile). Albergo antico, elegante e con arredo d’epoca in legno, 138 $ e li valeva tutti. Al piano terra l’hotel è un locale notturno dove si fa jazz tutte le sere, punto di ritrovo dei musicisti della zona. Ovviamente ne ho approfittato, bel concerto di un quartetto con vocalist nera che rifà gli standard più conosciuti.
Per il resto, altra giornata tranquilla con la strada che segue sempre il Delaware River, e fa intravedere la gente che fa il bagno con le camere d’aria, corre con le moto d’acqua o pagaia in canoa. Il Delaware è un grande fiume tranquillo e pulito, e questa è ancora una zona di turismo frequentata e piacevole.
A fine giornata, (anche oggi arrivo ben oltre gli 80 km), c’è uno State Park Camping sul fiume. Avevo telefonato ieri per prenotare ma mi avevano detto: completo. Provo lo stesso di persona, con la storia dello stanco ciclista che non sa dove andare, e questa volta funziona.
Ho aggiunto qui, come ho fatto altre volte, anche una foto della mia bici da sola, accanto ad una veduta che riassume la giornata di viaggio. Queste foto non hanno alcun senso, ma mi ricordano un vecchio film che mi piace molto, “Il mondo di Amelie”, dove la protagonista inviava al padre le foto di un nanetto viaggiatore accanto al Colosseo, la torre Eiffel, la piazza Rossa.

sabato 25 luglio 2009

24 luglio - L'orso





Oggi la strada procede tutta sul percorso New York della carta Adventure Cycling, quindi senza troppo impegno per il cervello. Percorro strade ondulate, ma non difficili, verdissime, spesso in foresta, fiancheggiate dal fiume. La direzione è sud, lungo il Delaware River, zona di pesca alla trota e di sentieri da trekking, veramente bella e con un’unica difficoltà: nessun punto di ristoro o di appoggio, di alcun tipo, per 70 km. Macchine incontrate: circa dieci.
Ma un incontro importante c’è stato. Verso la fine del percorso vedo nel campo sulla sinistra un orso che corre, è abbastanza distante e cerco di riprenderlo, senza successo. Riparto e proseguo per un 300 metri circa quando l’orso, che non vedevo più, mi attraversa la strada all’improvviso, a 5 o 6 metri non di più, e si ferma per qualche secondo a guardarmi. Anch’io lo guardo e resto impietrito, ma più che per la paura, per lo sorpresa di vedere una cosa così bella e diversa: ha un manto nero lucidissimo e si muove con eleganza nonostante la mole. Dopo avermi valutato si butta sull’altro lato della strada (sono molto dimagrito ultimamente) poi, appena attraversato, gira il testone e per qualche lungo secondo mi guarda ancora, poi scompare. Questa volta faccio in tempo a riprenderlo.
Mi sono ricordato della bellissima scena di un film di Steven Frears, “The Queen”, dove la regina Elisabetta vive un’esperienza simile con un cervo che sta cacciando. Nel film è raccontato con molta intensità e molto meglio di quanto possa fare io, quell’attimo in cui la bellezza di un essere vivente e la sua alterità prevalgono su tutte le altre cose e lasciano il posto allo stupore.

venerdì 24 luglio 2009

23 luglio - For sale






Stamattina sono passato davanti al B & B che non ho scelto ieri e ovviamente era il posto più bello del mondo. Comunque il soggiorno al camping di Yogi e Bubu ha avuto almeno un risvolto positivo: ho fatto il mio primo bucato. Ora, io non ho mai fatto il bucato in vita mia e non so neanche cone funziona una lavatrice, ne sono anche orgoglioso devo dire, ma in un viaggio così lungo è ovvio che la necessità c'è e quindi bisogna imparare un minimo di tecnica per usare le lavanderie automatiche. Alla lavanderia del campeggio per fortuna è presente una campeggiatrice massaia che mi spiega tutto il funzionamento e mi presta il suo Tide, sì proprio il Tide, pensavo fosse morto insieme ai caroselli degli anni '60. Morale della favola, io apprendo rapidamente e dopo un'ora e un quarto faccio uscire dall'asciugatrice un mucchio di panni caldi e profumati, come un buon pane. Ho capito di essermi perso molto in questi anni.
La massaia campeggiatrice media, oltre a fare il bucato si occupa della spesa e di far da mangiare (tranne il fuoco), praticamente le stesse cose che fa a casa, ma qui le fa in calzoncini corti. Il marito campeggiatore pascola i due figli in piscina o al fiume, si piazza su una sdraio e beve enormi bicchieroni di coca con ghiaccio. Nel pomeriggio compra la legna per il fuoco e lo accende per la cottura delle carne. Entrambi pesano in media dai 100 ai 130 kg, i due figli in proporzione. Tutta la famiglia insieme pesa come un villaggio africano, ma è più allegra.
Si tratta comunque di buona gente, lo dico senza ironia; probabilmente hanno lavorato duro per un anno per permettersi questa vacanza. L'altro giorno, ad esempio, i campeggiatori miei vicini, vedendomi armeggiare con un coltello intorno a una scatoletta, mi hanno portato l'apriscatole regolamentare, e non me l'hanno prestato, me l'hanno regalato. Hanno detto che ne avevano degli altri. Ecco, qui scatta la domanda veramente interesssante, perchè ne avevano degli altri?
La risposta è semplice. Qualunque cosa si acquisti nei supermarket viene venduta in quantità o formati assurdamente sovradimensionati. Ieri per esempio volevo comprare una birra in negozio, ma non è stato possibile, perché ci sono solo confezioni da 12 e qualcuna da 6 (per i single evidentemente). E questo vale per qualsiasi prodotto, compresi gli apriscatole, ed è facile capire perché la gente si ritrova con tante cose di troppo. Questa filosofia del consumo per il consumo, cavalcata dall’industria e dalla distribuzione, qui è stata spinta all’inverosimile, ma la crisi costringerà a ripensarla.
Intanto la gente sa cosa fare: mette in vendita le cose. Le strade sono piene di cartelli “For Sale”, su auto, barche, moto, roulotte, autobus, tutto. Da quello che vedo passando, una casa su quattro è in vendita, ma chi può comprare oggi?

giovedì 23 luglio 2009

22 luglio - Strade






Ieri ero zuppo fradicio e la sosta in hotel ci voleva proprio, sono riuscito ad asciugare quasi tutto. Del resto, quando pedali con la pioggia, paradossalmente riesci a fare più strada (ieri 87 km, record) perchè non hai le distrazioni delle foto, le persone che ti fermano, ecc.
Alla partenza l'impiegata della reception mi fa il bollettino dei prossimi giorni: oggi nuvoloso, domani pioggia, dopodomani pioggia. Mi dice anche il tempo è anomalo per questa stagione, (questo lo sapevo già).
Le strade che percorro di solito sono le "state highways", normalmente piacevoli e con poco traffico, diciamo delle Forlì-Premilcuore per capirci, ben diverse dalle "interstate highways", che usano i trasportatori e quelli che hanno fretta, e che possono corrispondere alle nostre superstrade o autostrade. Le segnalazioni sono sempre perfette ed è veramente difficile sbagliare. L'itinerario lo costruisco giorno per giorno sulla base delle indicazioni che mi dà la gente o dalle informazioni che raccolgo nei Visitors Center. Questo è stato finora, ma da oggi entro in un percorso "codificato", che è il tracciato "East Coast" di Adventure Cycling.
Adventure Cycling è un'associazione americana senza fini di lucro, che si è data il compito di diffondere la cultura della bicicletta e lo fa, tra l'altro, pubblicando delle carte stradali ad uso dei ciclisti, che consentono di attraversare gli USA da Est ad Ovest e da Nord a Sud. Sono carte dettagliatissime e mi sono procurato quella della costa Est perchè per alcuni tratti il mio giro si sovrappone al loro tracciato, ma anche perchè ci sono gli itinerari per entrare e uscire dalle grandi città - fondamentali - ed io mi sto avvicinando a New York.
Oggi sono entrato nel Connecticut e devo dire che siamo tornati al livello del Vermont. Ho atttraversato una zona collinare e verdissima di almeno 15 km dove c'erano solo cottage sontuosi, allevamenti di cavalli e galoppatoi. Questa è la zona dove i ricchi nuovaiorchesi hanno le loro seconde case e non c'è nessuno che ha il problema di cucire il pranzo con la cena.
A fine giornata la cartina di Adventure Cycling segnala due opzioni per dormire: un camping o un B & B; dato che il B & B è più lontano di qualche chilometro e sono abbastanza stanco, (anche oggi nuovo record: 92 km)scelgo il campeggio. Grave errore.
Sono finito nel Jellystone Park, il campeggio di Yogi e Bubu. Ora, uno cerca di dare una drammaticità e un'epica a questo viaggio, e poi finisce in un posto simile, tutto a misura di cartone animato, (tranne i prezzi: 59$ a notte e internet a parte). Già il fatto di dover piantare la tenda nello Yogi Boulevard mi ha disturbato molto, ma la cosa che mi fa veramente paura è che domattina, al bar, dovrò farmi una Bubu-colazione.

mercoledì 22 luglio 2009

21 luglio - Massachussetts







Sono partito dalla ciclabile di Joe Nowak.
Anche questa, come quella di Burlington, è costruita su una vecchia ferrovia dismessa, corre lungo il fiume e se questo non bastasse a definirne il pregio, è costantemente attraversata da leprotti, scoiattoli e altra fauna. Non capisco perchè anche in Italia non prendiamo sul serio questo fatto di trasformare le ferrovie dismesse in piste ciclabili. So che c'è un progetto di legge sostenuto dalla FIAB - Federazione Amici della Bicicletta, e che qualche regione sta facendo qualcosa, ma mi sembra troppo poco e troppo lentamente. L'Austria ha costruito un modello turistico sulla percorribilità del paese in bici, noi potremmo facilmente fare altrettanto.
Il Massachussett è un Vermont un pò scartolato, nel senso che anche qui verde, belle case, ecc., ma ogni tanto affiora una crepina, un magazzino abbandonato, una casa degradata, un capannoncino, insomma qualche segno da pianura padana, anche se nel complesso siamo su uno standard niente male.
Il problema vero continua a essere la pioggia, oggi 6 ore di acqua consecutive, che mi hanno costretto a prendere un hotel, ma sono reduce da una settimana di camping e per la verità l'ho fatto senza fatica, così sono approdato a questo "The Hart": caminetto, hall con pianoforte, arredamento in legno, stanze bellissime, 100$ a notte. La pioggia continua per tutta la sera e ceno qui, dove incrocio un tipo che è reduce dall'Appalachian Trail.
L'Appalachian è il "gange" dei camminatori americani, qualcosa di simile al Camino di Santiago per gli europei. E' un percorso di 2.000 miglia e richiede sei mesi per essere completato, è il più lungo sentiero tracciato del mondo. Nel 2008 circa 1.800 persone hanno cercato di completarlo, in 480 ci sono riusciti. Questo Jonathan è in viaggio da quattro mesi, quindi ne ha ancora due per finire, ogni 7/8 giorni esce dal sentiero per cercare un albergo e ripulirsi, poi rientra perchè il percorso è tutto in foresta e si fa con tenda e sacco a pelo, niente rifugi.
Mi dice che ci sono persone di tutte le parti del mondo che lo fanno, sia a gruppi che da soli come lui. Mi dice anche che ogni camminatore lungo il sentiero ha un soprannome, il suo è Slagline, con il quale si presenta agli altri. Anche lui tiene un blog. Ma come fa? Ha un blackberry alimentato a pile ricaricabili e mi dà le coordinate per rintracciarlo. Gli spiego che anch'io nel mio piccolo...
Gli dico che c'è un libro divertente di Bill Bryson, scrittore-viaggiatore americano, che racconta del suo cammino sull'Appalachian Trail, ma naturalmente lo conosce già.
Questo Appalachian Trail lo incrocerò ancora tra qualche settimana, quando in Virginia percorrerò la strada delle Blue Ridge Mountain, lì il sentiero e la strada corrono paralleli e gli incontri tra ciclisti e camminatori sono frequenti.

Nota per tutti - Grazie per i commenti. Non riesco a rispondere per ragioni di tempo ma li leggo e li apprezzo molto.

martedì 21 luglio 2009

20 luglio - Joe Nowak



A volte ci vuole fortuna. Oggi sono entrato in Massachusset e mi sono fermato ad Adams, chiedendo aiuto per soggiorno e per internet al Visitors Center locale. Due persone anziane ma molto gentili e completamente al mio servizio mi accompagnano alla biblioteca pubblica (per internet) e mi riempiono di cartine e itinerari per il proseguimento del viaggio. Imparo lì che proprio a partire dal loro centro parte la più lunga ciclabile dello stato, 11 miglia, e che va esattamente nella mia direzione, sud ovviamente. Quindi domani so come iniziare la giornata.
Uno dei due personaggi è un tipo alto e magrissimo, si chiama Joe Nowak, è di origine polacca, (qui tutti hanno una qualche origine) e prende molto a cuore il mio racconto del viaggio. Quando rientro dalla biblioteca mi dice che devo avere fede nel fatto che raggiungerò la Florida, e che anche se non ce la facessi sarebbe una grande impresa e che in questo devo credere, (per la verità io non ho tutta questa fiducia in me). Poi mi dice che in paese c'è una ragazza che sogna da sempre di viaggiare così, ma non si azzarda a farlo da sola e sarebbe sicuramente interessata a conoscermi e forse a seguirmi. Dico che questo è interessante, pensando che la cosa finisca lì, ma Joe prende l'elenco telefonico e la cerca: la poveretta non viene trovata.
Joe non si dà pace, mi augura ogni bene e fortuna e io penso che insieme, lui con la sua fede e io con il mio aspetto elegante, potremmo creare una setta di devoti della bicicletta, di ciclo-predicatori o qualcosa del genere, e raccogliere denaro circuendo vecchie cicliste. Questa è una cosa che negli USA funziona sempre e ci si può campare bene, Joe ti scriverò.
Alla fine si congeda con un "Let God be your passenger", che davvero mi commuove. Penso che sarebbe bello avere Dio come passeggero, a patto che anche lui si renda conto che io ho sempre quei 35Kg di bagaglio, dietro.