martedì 13 luglio 2010

5 luglio - Almaty 2






Ad Almaty è facilissimo fare incontri, che rimandano ad altri contatti, che portano ad altri incontri. Stamattina, al ristorante all’aperto sulla Panfilova siamo avvicinati da un kazako che ci sente parlare, è un medico che si è specializzato a Roma e parla ancora perfettamente l’italiano. Grazie a lui risolviamo il mistero di Toto Cutugno.
Ci dice che negli anni ’70, ai tempi dell’Unione Sovietica, ci furono delle spinte verso una maggior apertura culturale all’occidente (musica, cinema, spettacolo, ecc.) che il regime ovviamente non gradiva, ma rispetto alle quali fece qualche concessione. Valutarono che la musica italiana era piacevole, i testi delle canzoni banalotti e non pericolosi, consentirono i collegamenti con il festival di Sanremo e diedero la possibilità di ascoltare quel tipo di musica, che è stata per molto tempo l’unica consentita. In assenza di “concorrenza”, cantanti come Celentano, Albano & Romina Power, i Ricchi e Poveri, diventarono (e sono ancora) popolarissimi, ma la vera star è rimasta lui: Toto Cutugno, che ancora oggi viene ogni anno in tournèe nella capitale e i biglietti sono stravenduti mesi prima.

Avevo il dubbio che dietro l’”italiani-mafia” che sentiamo quasi quotidianamente ci fosse qualcosa di più complesso della presa in giro o dell’insulto. Troppe persone ci chiedono come sta il commissario Cattani, e lo fanno con un interesse vero. L’incontro di oggi con il Console Onorario d’Italia, consigliatoci da Carmine per comunicargli il nostro piano di viaggio, è illuminante in questo senso. Intanto gli chiedo subito che differenza c’è tra un console onorario e uno normale, un dubbio che mi tormentava da tempo, ma la risposta è di tipo burocratico e non sto neanche a riportarla. A seguire gli chiedo invece qual è il meccanismo di trasferimento della ricchezza e del potere nel paese, e qui la risposta è stata molto più interessante. Ci dice che al vertice c’è il Presidente, che governa il business del petrolio. Al di sotto ci sono alcune decine di famiglie, che sono quelle contano, i suoi grandi elettori, ed appartengono alle principali tribù, o orde (i Kazaki sono discendenti degli Unni). Lo scontro che si determina tra queste famiglie per ottenere e distribuire posti di potere e il successivo riequilibrio è l’equivalente occidentale della democrazia rappresentativa. “In un certo senso è come la mafia” dice il console. E’ qui che ho capito, o almeno credo. Nella cultura kazaka è l’appartenenza alla famiglia, alla tribù, che conta, e la lotta per la sua affermazione è fondamentale per la sopravvivenza. Ecco perché i film e telefilm sulla mafia sono così popolari: sono la spettacolarizzazione di un meccanismo sociale che qui conoscono benissimo. Probabilmente quando un kazako ci dice “italiano-mafia” vuole dire “Però, che mafia avete voi, altro che la nostra!”. E’ un attestato di stima, non un insulto.

1 commento:

  1. Bè, caro Diego, almeno tra una pedalata e l'altra ti puoi esercitare in argomenti che qui, a casa nostra, rischiano di essere sorpassati e noiosi.
    Non nel senso che non esistono più, ma che sempre meno gente vorrebbe non fossero gestiti con arte sopraffina dai custodi del potere nostrano.
    E' davvero con invidia che apprendo, da Antonella e Remo, che sei ancora in giro per il mondo.
    E che mondo !!!
    Sì, parlo di invidia, quella sana.
    Giusto la settimana scorsa ho messo in vendita la mia bici da corsa per artrosi e ernie.
    Sapere delle tue / vostre imprese mi fa stare male, al punto che una modesta tendinite potrei anche augurarvela !!!
    Stammi bene, e accontentati del campo delle 90enni !!!
    Un poderoso abbraccio.
    Francesco

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